Lettera del Vescovo ai Cresimandi

Cari ragazzi,

ho un invito da recapitarvi. Se volete, potete andare subito in fondo a queste righe per sapere di che si tratta. Ma vi consiglierei di scoprirlo alla fine, dopo avermi dato 300 secondi di attenzione, quanti ne occorrono per leggere questa mail. Vi chiedo troppo?

Ho saputo che avete ricevuto o state per ricevere la cresima. Non so come siete arrivati o state arrivando a questo traguardo. Carichi e motivati, oppure spenti e spompati? No, non vengo a rifilarvi prediche e scenate. Vengo a sottoporvi un patto di amicizia: io sono pronto a scommettere che con uno scatto in più da parte di tutti – vescovo, ‘don’, catechisti/e, genitori, ragazzi – si può arrivare a vivere questo tratto del cammino come gli allenamenti prima della partita decisiva o come le prove prima del saggio di musica o di danza. Mi avete capito: io mi impegno a fare tutta la mia parte per aiutarvi a dare il meglio di voi stessi. Ma vi domando: questo patto, per funzionare, ha bisogno anche della vostra parte. Siete pronti a firmarlo e a rispettarlo?


Cosa dovete fare? Vi chiedo tre cose.

Primo, di non considerare la cresima come una cosa “che si deve fare perché si deve fare”, o perché “la fanno tutti”, ma come una esperienza bella da vivere. Per questo vi chiedo di darmi la possibilità di dimostrarvi che la fede in Gesù Cristo non è una favola, ma una cosa seria. La più seria che ci sia, perché riguarda le scelte di fondo, quelle che possono rendere una vita riuscita o frustrata, che possono farti felice oppure no. Vorrei dimostrarvi che la vita cristiana non è una specie di gioco per bambini da smettere quando si arriva alla vostra età. Ma, al contrario, una grande avventura da iniziare proprio quando, con l’adolescenza, si diventa “grandi”, e la vita richiede di scegliere tra proposte diverse o contrapposte. Perché la nostra storia personale non è un programma con il tasto rewind. Perciò bisogna decidere da quale parte si vuole andare. Altrimenti ci si ritrova incamminati su strade non scelte da noi, ma che altri – qualche volta con furbizia, qualche altra con inganno – hanno scelto per noi. Ma di questo dovremo riparlare…

Secondo, vi invito a fare subito un test. Provate a leggere una pagina di vangelo, quella che racconta la moltiplicazione dei pani (vangelo di Giovanni capitolo 6, versetti 1-13). Vi domanderete: ma sarà vero quello che qui si racconta? Potete notare che anche in questo ‘giro’ gli apostoli fanno una figuraccia. Gesù dice loro dare da mangiare a tutta quella folla di oltre cinquemila persone, e gli apostoli pensano subito di spedire tutti a casa, in modo che se la sbrighino da soli: loro non hanno soldi da buttare via. Insomma Gesù vuole dare; e invece gli apostoli se la vogliono sbrigare. Gesù pensa che solo la gratuità potrà risolvere il problema, i Dodici si preoccupano di dovere spendere i pochi soldi che hanno. Che figura! Se non fosse stato vero, gli apostoli avrebbero fatto volentieri a meno di raccontare questo brutto ‘autogol’.

Chi capisce veramente Gesù in questa scena è un ragazzo come voi, che si ritrova cinque pani e due pesci. Intuisce che sarebbe bello darli a Gesù e subito fa uno scatto e glieli matte tra le mani. A questo punto Gesù rende grazie al Padre per quanto si ritrova tra le mani: poco, senza dubbio troppo poco per sfamare tanta gente. Ma in mano a lui quel poco basterà per tutti, anzi addirittura ne avanzerà.

Il messaggio è trasparente: se ognuno di noi mette nelle mani di Gesù TUTTO il POCO che ha, allora Gesù lo fa diventare il MOLTO di TUTTI. La domanda è questa: se credi che Gesù è l’Amico forte e fedele, perché non provi a mettergli tra le mani le tue risorse di mente e di cuore, i tuoi talenti, le tue abilità, i tuoi scatti di generosità?

Terzo, adesso ci poniamo un’ultima domanda: cosa c’entra la cresima con questo vangelo? Altroché se c’entra! Facciamo insieme questi passaggi. Il vangelo dei pani ci mostra che Gesù è vuol essere Pane per tutti, ma lo può diventare solo se noi gli diamo una mano. Non vuole fare tutto da solo. Lui è e rimane fedele alla sua logica di sempre: vivere a mani aperte, a braccia spalancate. Gesù non si ripiega mai su di sé a leccarsi le piaghe. Non pensa a farsi gli affari suoi. Mai egli si chiude alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. Anche nella sera della sua passione, non si mette a sbraitare contro Giuda che è andato a tradirlo. Ma fa quel gesto che sigla tutta la sua vita: prende il pane, rende grazie, lo spezza, lo dà – è lo stesso gesto della moltiplicazione dei pani – lo dà perfino al traditore, perfino a Pietro che sta per rinnegarlo, perfino a tutti gli altri discepoli che stanno per abbandonarlo.

Gesù era fatto così: amava appassionatamente la vita, quella dei fiori e degli animali, ma soprattutto la vita degli uomini, a partire dagli ultimi, i poveri. E per tutti è morto, come era vissuto: a braccia spalancate. E’ stato veramente libero, di fronte a ogni pregiudizio, perfino di fronte alla paura della morte. La sua risurrezione ci ha svelato il segreto della sua libertà: la presenza in lui dello Spirito Santo, l’amore pieno e sconfinato – senza se e senza ma – di Dio in persona. E’ questo Spirito che egli dona ai suoi discepoli la sera della sua risurrezione. Lo Spirito Santo è il regalo di Pasqua ai suoi amici.

Ne sono sicuro: almeno qualche volta, durante questi anni di catechismo, vi sarete sentiti afferrare da un sogno: poter vivere come Lui! Un sogno bello e impossibile? No, perché con la cresima Gesù fa anche a noi il regalo di Pasqua, ci dona il suo stesso Spirito, che ci rende capaci di vivere come Lui: liberi dalla preoccupazione di pensare solo a noi stessi; forti per non lasciarci paralizzare dalla paura di non riuscire; aperti al suo amore per diventare anche noi liberi per amare.

Il discorso lo dovremo riprendere. Vi prego di cominciare a pensarci insieme al vostro parroco e al gruppo di catechismo, poi ne potremo parlare tutti insieme in un incontro-festa che ci sarà a breve.

Vi aspetto.

+ Francesco Lambiasi