Beati i puri di cuore perché vedranno Dio

In occasione della festa del beato Alberto Marvelli, il Vescovo ha scritto la seguente lettera aperta ai giovani cristiani riminesi

Caro Alberto,

te lo devo proprio dire: sei un vero campione. Giovane cristiano impegnato, allegro e sportivo, appassionato delle cose belle della vita, sei stato guardato dall’Amore – quello con l’A maiuscola – e lo hai riamato con tutte le fibre del tuo cuore, lo hai bramato “a pelle” con tutte le cellule del tuo corpo. Ecco, questa cosa mi premeva dirtela, e subito.

L’amicizia che tu mi consenti si esprime attraverso un post aperto che ci scambiamo puntualmente ogni 5 di ottobre, compleanno della tua nascita al Cielo. E ogni anno ci si intrattiene su una delle otto beatitudini del Discorso della montagna. Quest’anno fra l’altro, proprio esattamente come oggi, ricorrono i dieci anni dalla tua beatificazione nella piana di Loreto, ad opera dell’indimenticabile Giovanni Paolo II. Vorrei allora scambiare con te due battute sulla sesta beatitudine evangelica: Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Ecco, se dovessi scegliere un tuo commento a queste parole luminose e squillanti di Gesù, prenderei qualche foto dal tuo album di sportivo: o mentre stai facendo una lunga pedalata in bici, o nell’attimo che stai per scoccare una schiacciata fatale in un match di pallavolo, o mentre posi con la tua squadra di basket al campo dei salesiani, oppure in un momento magico su un’alta cima delle Dolomiti.

Qualche nostro comune amico che ora mi sta leggendo si domanderà: Ma che c’entrano queste foto con la beatitudine della purezza di cuore? Ai tuoi tempi, purtroppo, quando si parlava di purezza, ci si riferiva per lo più alla morale sessuale, con discorsi quasi ossessionati dalla mania di definire “con la riga e la squadra” i confini tra il ‘permesso’ e il ‘proibito’, e poco – troppo poco! – preoccupati di far brillare il potenziale di felicità che l’amore può esprimere quando viene declinato con il linguaggio del corpo, e si riesce a far rimare purezza con parole felici, radiose, come bellezza, tenerezza, fortezza. Cosa che, invece, tu sei proprio riuscito a fare.

Ma poi è arrivata, vorticosa e travolgente, la rivoluzione sessuale del ‘mitico’ ’68, e si è sventolata, promettente e gaia, la bandiera della “libertà liberata” da vincoli atavici e da tabù asfissianti, con il sesso come stemma, contro tutta una litania di ‘ismi’: oscurantismo, bigottismo, moralismo, puritanismo…

Oggi la domanda, che non può rimanere inevasa, anzi va posta in maniera decisa è: la rivoluzione sessuale ci ha davvero resi più liberi e disinibiti o invece ci fa ritrovare più frustrati e depressi? In altre parole, non è che, niente niente, il sogno di una felicità a prezzi stracciati è diventato prima un miraggio disperante e si è poi velocemente trasformato in un incubo pauroso? Non è forse vero che una sessualità vissuta all’insegna di una totale deregulation e dell’edonismo più sfrenato si è tradotta pari pari in una scissione sempre più marcata tra sesso e amore?

Oggi viviamo in una cultura che tende a un doppio eccesso. Da una parte esalta la sessualità per se stessa, quasi fosse capace da sola di colmare il vuoto e la solitudine che ci angosciano. Dall’altra relativizza la sessualità fino a banalizzarla, non riconoscendo in essa un appello a una comunione profonda.

Alla scuola di Gesù, invece, scopriamo che la purezza è cosa del cuore, non di centimetri quadrati di pelle più o meno scoperta. Impariamo che l’amore umano è vero quando viene donato senza secondi fini, senza accanimenti narcisistici ed egocentriche aspettative di ritorno: l’altra, l’altro risulta amabile per quello che è, al di là di quello che può dare a me. Scopriamo che l’amore non è conquista e avido possesso; non è dire a qualcuna/o: Tu sei mia/o. Al contrario è dono, è l’incontenibile gioia di poter dire a qualcuno/a: Io sono tua/o.

Ora, caro Alberto, torno alle tue foto. Mi colpisce il tuo sorriso pulito, solare, raggiante. Nei tuoi occhi si specchia il tuo limpido cuore. Ti si legge in faccia che per te la purezza è tutta questione d’amore. Quelle foto sono il test inconfutabile della verità di espressioni come questa tua:

Il segreto della purezza è qui: avere l’anima piena di sole, piena di Dio. La purezza non è una corazza di ghiaccio, ma un interiore braciere di fuoco. La purezza è vita, è amore. E’ la vita di Dio entro di noi che attrae nel suo fascino e nel suo calore il corpo e i sensi e, irradiando tutto l’uomo di spiritualità, lo orienta verso l’alto e lo potenzia di luce e fiamma soprannaturale.

Questo non è certo il linguaggio di un complessato, di un inibito, di un povero frustrato, ma di un ragazzo libero, appagato, felice. Del resto, tornando alle tue foto da sportivo, tutte le rinunce e le fatiche che deve affrontare un ciclista o uno scalatore ma anche un atleta o una danzatrice, sono forse espressioni di un morboso masochismo o condizioni irrinunciabili per s-prigionare, cioè per ‘liberare’ tutte le energie del proprio corpo?

Il nostro comune amico e tuo primo biografo, il carissimo don Fausto Lanfranchi, che ti ha conosciuto da vicino, ha tracciato di te un profilo degno di essere esposto nella galleria di quei personaggi da “quinto vangelo”, qual è la vita degli autentici testimoni di Gesù Cristo:

Era un’anima generosa, dedita all’amore di Dio e del prossimo, e di un candore disarmante. Si vedeva subito in lui una linearità di condotta morale dalla quale non derogava. Non metteva malizia in nessuna cosa.

Caro Alberto, i santi non si festeggiano portando loro dei regali, di cui peraltro non hanno bisogno alcuno, ma chiedendo grazie, prodigi e miracoli. Ecco, per questo anno marvelliano, ci devi assolutamente assicurare una grazia speciale. Tu sei stato un campione nell’arte di amare. Allora formate in cielo una squadra con tutti i santi riminesi che ci sono lì nel tuo settore, specialmente quelli che sono venuti lassù in giovane età come te, o anche più anziani, ma che sono stati amici dei giovani e tutti campioni dell’amore forte e puro. Cominciamo a fare dei nomi: Don Oreste e la Sandra Sabattini, Marta la figlia di Giorgio e Suor Ornella che è appena arrivata da voi, e tanti altri che tu sicuramente conosci meglio di me. Poi presentatevi tutti insieme da Maria, la Madre del bell’amore, e cantatele in coro – ovviamente in riminese – che noi sogniamo di aprire una scuola quaggiù a Rimini. Sì, una bella scuola: per imparare l’arte di amare. Voi sarete ovviamente gli insegnanti, gli allenatori ed educatori. Ma questa grazia non ce la dovete assolutamente far mancare: fate il possibile e anche l’impossibile per accendere in tanti cuori dei nostri giovani la voglia di imparare ad amare. Amen e così sia.

Ricevi un grazie anticipato, con un saluto fraterno e un forte abbraccio

Rimini, 5 settembre 2014

+ Francesco Lambiasi

Lettera Marvelli 2014