Vita consacrata: “confessio Trinitatis”

Omelia in occasione della professione solenne di Sr. Marilla e Sr. Vania Carmelo di Sogliano

La verità fondante e sorgiva della fede cristiana è il mistero della Santa Trinità. Tutto l’edificio cristiano sta o cade a seconda se tiene o non tiene il fondamento di questa rivelazione. Ma per quanti cristiani la “notizia” dei Tre in Uno resta un gelido teorema, una formula astratta se non astrusa e del tutto indigeribile, come confessava amaramente W. Goethe: “Mi sentivo costretto a credere che Tre è Uno e che Uno è Tre, senza vedere come ciò potesse anche solo minimamente giovarmi”?! E invece la verità di un solo Dio in tre Persone è una “notizia d’amore”, la più scioccante, l’e-mail più felice ed esistenzialmente decisiva che ci possa venire recapitata.

In un romanzo intitolato La stanza del cuore – dove si narra la vicenda di una ragazza moderna, atea e anoressica, attrice alle prime prove che si accosta per puro interesse professionale ad un carmelo, rimanendone alla fine come folgorata – il vescovo del luogo confida alla priora riguardo a una certa Sr. Benedetta, l’anziana monaca della cucina, appena deceduta:  “Una volta le ho chiesto cosa pensava della Trinità. Non ti sembra, le ho domandato per metterla alla prova, che sia un concetto di lusso? La Trinità non è un concetto, mi ha risposto lapidaria gettandomi una delle sue famose occhiatacce. Per lei l’argomento era chiuso, l’ho ben visto dalla faccia: quella era la sua risposta. Spiegati meglio, le ho detto. Senza pensarci un istante mi ha ribattuto: Se Dio non fosse Trinità sarebbe egoismo assoluto perché, immerso nella solitudine infinita, non potrebbe amare che se stesso. Capito? Potrebbe dirlo meglio un teologo consumato?”.

1. Voi sapete, sorelle carissime del Carmelo, che nell’ultimo decennio della vita della santa Madre, Teresa d’Avila, il mistero trinitario si è per lei illuminato con luce sempre più chiara e ardente. Come risulta dalle Relazioni di coscienza – brevi biglietti nei quali Teresa dava conto ai suoi confessori delle grazie ricevute – il cammino spirituale della Madre si è sviluppato nella direzione della “tenerezza amorosa”: Cristo l’ha condotta al Padre e l’ha affidata allo Spirito Santo, e Teresa ha “sperimentato” dal vivo il mistero delle tre Persone divine: una persona paterna che l’attrae, l’abbraccia, la conforta, la sollecita; una persona spirituale che la riscalda e l’avvince interiormente; mentre la persona filiale di Cristo continua ad invitare e a preparare Teresa alle nozze mistiche che saranno celebrate nel carmelo di Avila, durante la Messa del 18 novembre 1572, e che GianLorenzo Bernini avrebbe immortalato nel suo mirabile capolavoro marmoreo.

La vita consacrata nella quale oggi voi due, Suor Marilla e Suor Vania, entrate pubblicamente e solennemente – prima ancora di essere segno di fraternità e servizio di carità –  è confessio Trinitatis: professione di fede nella Santa Trinità.

“La vita consacrata è chiamata ad approfondire continuamente il dono dei consigli evangelici con un amore sempre più sincero e forte in dimensione trinitaria: amore al Cristo, che chiama alla sua intimità; allo Spirito Santo, che dispone l’animo ad accogliere le sue ispirazioni; al Padre, prima origine e scopo supremo della vita consacrata” (VC 21).

E’ vero: la professione religiosa è confessio Patris: è il grato e gioioso riconoscimento pubblico che tutto viene dal Padre per amore, e tutto a lui per amore deve ritornare. Il Padre è il principio senza principio di tutto il bene che c’è nel mondo ed è il termine senza termine di ogni passo verso la luce, di ogni sforzo verso la pace, di ogni slancio di amore, di ogni segreto di vita bella, buona, beata.

La vita consacrata è confessio Filii: tutto passa per Cristo, con Cristo, in Cristo. Cristo è la via, l’unica e la più diretta: tutto va dal Padre al Padre passando per la verità e la vita del Figlio. Scopo della professione monastica è di modellare il/la religioso/a sull’esistenza di Cristo, di riprodurre in lui/lei, anche se in forma limitata e imperfetta, il modo di vivere di Cristo e il suo orientamento di fondo.

Terzo, ma non da ultimo, la vita consacrata è confessio Spiritus Sancti: lo Spirito Paraclito spinge la religiosa o il religioso a professare la povertà dei beni per arricchirsi dell’unico Bene, a scegliere la castità perfetta per lasciarsi appagare dall’Amore più grande, a rinunciare alla propria volontà per vivere  nell’obbedienza alla Volontà più buona e beatificante, quella del Padre, poiché “e’n la sua volontade è nostra pace” (Dante).

Leggiamo nell’esortazione apostolica, Vita consacrata (VC):  “La castità dei celibi e delle vergini costituisce un riflesso dell’amore infinito che lega le tre Persone divine nella profondità misteriosa della vita trinitaria. (…) La povertà diventa espressione del dono totale di sé che le tre Persone reciprocamente si fanno. (…) L’obbedienza è riflesso nella storia dell’amorosa corrispondenza delle tre Persone divine” (n. 21).

2. Torniamo alla vostra santa madre Teresa. Quando nella descrizione del Castello interiore arriva a parlare delle “settime dimore”, la santa di Avila scrive: “Le tre Persone si mostrano all’anima, nel divampare di un incendio che investe subito il suo spirito come una nube risplendente. (…) Allora tutte e tre le Persone divine si comunicano ad essa, le parlano e le fanno intendere le parole dette dal Signore nel Vangelo: che egli verrà, con il Padre e lo Spirito Santo, a dimorare nell’anima che lo ama e osserva i suoi comandamenti. Lo stupore di quest’anima cresce ogni giorno di più (…). Essa sente questa divina compagnia nella parte più intima, come in un abisso molto profondo, che non sa spiegare…”.

Un esempio limpidissimo di accoglienza carmelitana della e nella santa Trinità ci è dato da santa Elisabetta della Trinità che ci ha lasciato la più bella preghiera trinitaria che sia mai stata scritta. Vale la pena di riportarla per intero, per capire come cambia la vita se si crede veramente nel mistero del Dio Uno e Trino:

«O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente, per dimorare in Te, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell’eternità; che nulla possa turbare la mia pace o farmi uscire da Te, mio immutabile [Bene], ma che ogni istante mi porti più addentro nella profondità del tuo mistero. Pacifica la mia anima, fa’ di essa il tuo cielo, la tua dimora preferita e il luogo del tuo riposo; che io non Ti lasci mai solo, ma sia là tutta intera, tutta desta nella mia fede, tutta adorante, tutta abbandonata alla tua azione creatrice.

O Cristo mio amato, crocifisso per amore, vorrei essere una sposa del tuo Cuore; vorrei coprirti di gloria, vorrei amarti… fino a morirne! Ma sento la mia impotenza e Ti chiedo di rivestirmi di Te stesso, di immedesimare la mia anima a tutti i movimenti della Tua Anima, di sommergermi, d’invadermi, di sostituire Te a me, affinché la mia vita non sia che un’irradiazione della Tua Vita. Vieni nella mia anima come Adoratore, come Redentore, come Salvatore.

O Verbo Eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti; voglio farmi tutta docilità per imparare tutto da Te. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze, voglio fissare sempre Te e dimorare sotto la tua grande luce. O mio Astro amato, incantami, così che io non possa più uscire dal vivo splendore dei tuoi raggi.

O Fuoco consumante, Spirito d’amore, scendi sopra di me, affinché si realizzi in me come un’incarnazione del Verbo, ed io sia per Lui un’aggiunta d’umanità nella quale Egli rinnovi tutto il suo mistero.

E Tu, o Padre, chinati sulla tua povera piccola creatura, coprila con la tua ombra, e non guardare in lei che il Figlio Amato nel quale hai posto tutta la tua compiacenza.

O miei TRE, mio Tutto, mia Beatitudine, Solitudine Infinita, Immensità in cui mi perdo, mi consegno a Voi come una preda. Seppellitevi in me, perché io mi seppellisca in Voi, in attesa di venire a contemplare, nella vostra luce, l’abisso delle vostre grandezze».

3. Ma è giusto che ora ci domandiamo: in che modo questa mistica trinitaria può essere un ideale concretamente raggiungibile anche da coloro che non scelgono la via del Carmelo?

In fondo quello che Teresa d’Avila racconta non è altro che la realizzazione della promessa fatta da Gesù a tutti i discepoli: “Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). In fondo la “elevazione alla Trinità” di santa Elisabetta esprime quella “identità mariana” che ogni anima è chiamata – per grazia battesimale – ad assumere: al Padre ella chiede di “chinarsi su di lei e di coprirla con la sua ombra”; al Cristo ella chiede di potersi “rivestire di lui, passando tutta la vita ad ascoltare la sua parola”; allo Spirito ella chiede “che si faccia in me come una nuova incarnazione del Verbo”.

La santa Trinità è davvero fonte, modello e meta non solo della Chiesa, ma di ogni forma di vita cristiana nella Chiesa. Il cammino spirituale di ogni anima cristiana tende all’unione sempre più intima con Cristo. Questa unione si chiama “mistica” perché partecipa al mistero della santissima Trinità. Nel Catechismo della Chiesa cattolica si trova, al riguardo un’affermazione folgorante come un lampo: “Dio ci chiama tutti a questa unione intima con lui” (n. 2014).

Mi restano due righe per condividere un segreto e per formularvi un augurio. Il segreto della felicità di una donna consacrata, voi lo conoscete già. Permettetemi di confermarvelo: non state continuamente a lambiccarvi il cervello per vedere se il Signore è contento di voi; vi basti sapere che avete ogni giorno che passa una santa ragione in più per essere voi contente di Lui. Sì, il Signore non ha bisogno di cameriere sgobbone e scorbutiche, né di segretarie acide e arcigne; vuole trovare in voi delle spose innamorate e felici.

Vi auguro di esserlo sempre di più e vi prego di farcelo vedere.

Vi benedico di cuore.