Natale: evento e vangelo

Omelia tenuta dal Vescovo nella Messa della Notte di Natale

Natale è un fatto. Un fatto effettivamente, obiettivamente, storicamente accaduto. Natale non è affatto un mito, né una fiaba dipinta a colori-pastello. Ed è molto di più che un rito, per quanto solenne e suggestivo. Il vangelo del Natale non proclama una dottrina, ma annuncia una persona: Gesù. Non illustra una teoria, ma documenta una storia: la storia di Gesù. Non esalta un valore freddo e astratto, per quanto nobile e grande, ma racconta un incontro concreto: l’incontro – che avviene nella persona stessa di Gesù – tra l’umanità persa e sviata, e Dio Padre, che ci ha creati per amore, perché ci vuole felici. E’ un incontro reale, che cambia realmente il flusso del tempo e il corso della vita.

  1. Un evento straordinario

L’evangelista Luca narra il grande evento della nascita di Gesù con sorprendente riserbo, come se avesse timore di schermarlo con abbellimenti edificanti, o di appesantirlo con fronzoli di dettagli curiosi e con orpelli di infiorettature decorative e marginali. Tutto si riduce a due notizie asciutte ed essenziali. La prima, quasi un dispaccio di agenzia, riguarda il decreto di Cesare Augusto che “in quei giorni ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra”.     La seconda notizia sembrerebbe una sorta di sms: Giuseppe andò a “farsi censire con Maria, sua sposa” a Betlemme”, la quale in quei giorni “diede alla luce il suo figlio primogenito”. A una lettura immediata ma superficiale, il fatto importante sembrerebbe il primo, cioè il decreto dell’imperatore che costringe Giuseppe e Maria a recarsi a Betlemme. Che un bambino nasca lontano da casa, in situazioni disagiate, è – vista da Roma – una circostanza del tutto trascurabile, un imprevisto marginale all’interno di un disegno politico ben più rilevante.

Ma per l’evangelista è l’esatto contrario: l’avvenimento centrale è il secondo. Il primo è semplicemente la cornice, è il secondo la tela e il dipinto. Chi cambia il destino del mondo è la nascita del piccolo bimbo di Maria, non il decreto del magnifico imperatore di Roma. Il mondo sembra essere dominato da poteri umani – Cesare Augusto, Quirinio, Erode – ma il vero potere appartiene soltanto a Dio. Soltanto Dio guida la storia umana e la trasforma in storia sacra. E mentre la storia umana ha per protagonisti i potenti, la storia di Dio pone al centro i poveri, gli umili, gli ultimi, che attendono la salvezza dal Signore e non dai poteri umani.

Ma il grande evento viene annunciato con un segno che non ha nulla di straordinario: per ben tre volte si ripete che il Bambino è “avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia”. Cosa c’è di eccezionale in tutto questo? Non avveniva così per il parto dei piccoli nati dei pastori? I tratti meravigliosi del racconto – la manifestazione della gloria di Dio e il canto del coro angelico – servono ad inquadrare il fatto, concorrono ad illuminarlo dall’esterno e a rivelarne il senso, ma non lo strutturano dall’interno né lo trasformano nella sua sostanza. Ecco dov’è lo straordinario: è nel fatto che la manifestazione del divino avvenga, a sorpresa, senza “effetti speciali”, senza traccia alcuna di straordinarietà.

  1. Se Dio è con noi, allora tutto cambia

         Ma qual è il vangelo del Natale, la bella notizia che da duemila anni noi cristiani non ci siamo ancora stancati di ricevere e siamo tuttora impegnati a rilanciare? La lieta notizia è tutta nel nome con cui il bambino di Maria viene chiamato da Giuseppe: Gesù, un nome che significa “il Signore-salva”, e che richiama il nome indicato dall’oracolo di Isaia, Emmanuele, “Dio con noi”. “Non vi è, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12). Gesù è “Dio-con-noi”: questa è la notizia bella, buona, beata del Natale. E se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Per quanto deprimenti e frustranti siano le circostanze di questo tempo presente, afflitto da una grave crisi economica, specchio ed effetto di una crisi morale ancora più drammatica, se Dio è con noi, allora possiamo sperare di riuscire – con il suo indispensabile aiuto – a non lasciarci vincere dal male, ma a vincere il male con un bene più grande. Se Dio è con noi, non siamo condannati a maledire la terra per i suoi triboli e le sue spine pungenti. Se Dio è con noi, mai più dovremo disperarci di essere di argilla, se la nostra argilla tiene in sé il mistero di una predilezione che supera ogni nostra pochezza. Se Dio è con noi, la speranza che ci è data nel Dio-Emmanuele attraversa ogni angoscia, sorpassa ogni paura, sostiene l’urto di ogni contraddizione. Se Dio è con noi, allora l’amore è più forte della morte, allora prima o poi la verità smaschera la menzogna, allora per ogni dolore patito c’è da qualche parte una consolazione assicurata.

Più di quindici secoli fa, a una cristianità sconvolta dalle minacce e dalle atrocità dei barbari, il papa san Leone Magno parlava così del Natale:

“Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita: una vita che          distrugge la morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da     questa felicità:la causa di questa gioia è comune a tutti perché il Signore nostro,   vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa,          è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio;        gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano (cioè          il non-credente), perché anche lui è chiamato alla vita” (Discorso I per il Natale).

  1. E’ proprio vero che stiamo nascendo?

         Il Natale è una strada aperta: i pastori che hanno ricevuto l’annuncio, a loro volta lo hanno raccontato. Così l’evento cristiano, che in sé e per sé è un preciso fatto storico – unico, singolare e irripetibile – ha cominciato a “camminare” nella storia, a farsi contemporaneo a ogni generazione. L’evento fondatore – avvenuto duemila anni fa – resta sempre il medesimo – fisso, immobile – ma viene ripresentato, cioè reso presente e attualizzato nella celebrazione liturgica. Allora dobbiamo chiederci: quale differenza tra questo Natale e quello dell’anno scorso? Questa festa e questa notte sopprimono forse il tempo? Possiamo davvero fare finta, quasi per gioco, come se nulla fosse avvenuto? Qual è dunque la realtà che ci viene manifestata in questa stessa notte di Natale?

Possiamo dire così: Dio, invisibile all’uomo, il Signore il cui volto rimane nascosto e sfugge allo sguardo umano, manifesta davvero se stesso in questa silenziosa figura di un bambino che ci viene donato. Perciò possiamo sperare di essere anche noi, con questo bimbo, in via di nascere e di crescere, come veri figli di Dio. L’aveva già scritto l’evangelista Giovanni: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato” (1Gv 3,2). Così di Natale in Natale, di Pasqua in Pasqua camminiamo protesi – con tutta la creazione e il mondo non-umano – “verso la piena manifestazione dei figli di Dio” (cfr Rm 8,20).

Mi è caro perciò scambiare con tutti e con ciascuno di voi questo augurio natalizio:

Fratello, Sorella, “che il Figlio di Dio cresca in te, poiché egli è già formato in te. Che egli diventi per te un gran sorriso e una gioia e una letizia perfetta, che      nessuno potrà più toglierti” (Isacco della Stella).

Rimini, Basilica Cattedrale, 25 dicembre 2014

+ Francesco Lambiasi