Omelia del Vescovo per l’ordinazione al diaconato permanente di Marco Gabellini e Tommaso Stocchi

La gioia della diakonia

Incontrarsi. Per alcuni può apparire un vago miraggio. Per altri può risultare un incubo ammorbante. Per pochi può rivelarsi una esperienza positiva e generativa, e, quando si dimostra decisiva, può arrivare perfino a cambiare la vita e renderla a “tre b”: bella, buona, beata. Luca è un evangelista ipersensibile a questa arte di Gesù: incontrare in modo libero e liberante gli uomini e le donne del suo tempo. Il terzo vangelo è un racconto fitto di incontri semplici e autentici. Un testo intessuto di relazioni intensamente umane. Una trama punteggiata di appuntamenti schietti, informali e cordiali. Un ordito intrecciato di abboccamenti intimi e coinvolgenti. E ogni persona ha un volto, un nome, una storia. E racconta la follia ardente di una passione, come pure registra il peso schiacciante del peccato: Simone, Andrea, Lazzaro, Maria e Marta di Betania, Maria di Magdala…

1. Il personaggio di oggi si chiama Zaccheo, un ‘tappo’ di ometto basso e tracagnotto, molto lontano da Gesù e dal suo ‘giro’. Capo dei pubblicani e ricco. Un bieco, lurido strozzino da cui guardarsi e a cui guardare con amaro disgusto e smaccato disprezzo. Un senza legge. Un senza Dio. Eppure anche nel cuore dell’uomo, pieno di beni ma povero di bene, si stende un lembo di terra santa, con almeno un solco vergine e disponibile a ricevere il seme di un fiore: il desiderio di vedere Gesù, pur misto al timore di esporsi al rischio di farsi vedere dalla gente che cordialmente lo odia.
A questo punto, Sorelle e Fratelli tutti, vorrei afferrare al volo una parola che brilla spesso nel vangelo di Luca e qui oggi scintilla trionfale e fiammeggiante: gioia. Annota l’evangelista che, all’invito di Gesù di scendere subito da quel frondoso sicomoro, Zaccheo aderì gattonando “in fretta e accogliendo Gesù pieno di gioia” (Lc 19, 6).
Ora mi domando con voi, Marco e Tommaso, e con voi, diaconi e con le vostre rispettive spose, con voi confratelli presbiteri, con voi, Sorelle e Fratelli tutti, qui presenti: ma è possibile la gioia per dei diaconi permanenti?

2. Sì, è la gioia di sentirsi pensati e voluti da un Dio che ci è Padre-Papà, e non padre-padrone, che non ha bisogno della nostra lode, ma per un segno inconfutabile del suo amore ci chiama a rendergli grazie.
E’ la gioia di sapersi chiamati e mandati da lui a servire il suo regno. Un regno di verità e di libertà, di fraternità e di pace, di giustizia, di carità e di grazia.
E’ la gioia di dedicarsi al servizio di chi non si sente amato da nessuno, ma è anche la gioia di mettersi al servizio di chi si dedica ai vari servizi particolari, come quelli della carità o della catechesi, dei malati o dei giovani, dei poveri o degli anziani.
E’ la gioia di servire la propria comunità di appartenenza o di destinazione come un ambiente da coltivare e da migliorare, investendo la propria umanità oltre che impegnando la propria competenza o esperienza, senza lasciarsi bloccare da ostilità e gratuite resistenze né paralizzare da delusioni amare e da pesanti frustrazioni.
E’ la gioia di chi si sa chiamato a servire la gioia degli altri, senza doversi aspettare nulla in cambio – neanche un semplice grazie! – nella serena convinzione che si è più felici nel dare che nel ricevere. Consapevoli e certi che noi abbiamo quello che diamo. E che è infinitamente più bello sentirsi amati, benvoluti e abbracciati, che venire rimborsati, risarciti o stipendiati.
E’ la gioia che non si lascia incrinare dall’ingratitudine, non si lascia frenare dagli scarsi risultati, non si lascia spegnere dall’indifferenza altrui.
E’ la gioia di chi si impegna a seminare e a coltivare sementi e germogli, senza accanirsi nel calcolare prodotti, senza pretendere risultati rigidamente proporzionati agli sforzi, senza pignoli riscontri fiscali, nella speranza però che i frutti non mancheranno. Anzi non saranno all’uno per cento, ma al cento per uno.

3. Se poi, dopo che ti sei consumato per fare del tuo meglio in un servizio lungo, oscuro e logorante…
Se poi, come ricompensa, ti diranno: tu sei un arrivista o un illuso o un incapace o altre malvagità…
Se poi, nonostante tutto, tu resterai sereno e in cuor tuo proverai “perfetta letizia”, e sentirai in te la gioia di poter essere associato alla sorte del tuo crocifisso e dolcissimo Signore…
Allora tu sarai vicino all’intima, irrinunciabile, imperdibile gioia di poter ascoltare le parole di colui al quale e per il quale hai cercato di servire con tutte le tue povere forze: “Bravo, servo buono e fedele, poiché non hai cercato altro che servire me nella mia Parola e nei miei fratelli, entra nella gioia del tuo Signore, che niente e nessuno ti potrà mai più scippare”.
Gioia: non un parola al vento. Ma una promessa, firmata dall’altissimo, onnipotente e buon Signore. Dunque, gioia sarà!

E che gioia sia!

Rimini, Basilica Cattedrale, 30 ottobre 2022

+ Francesco Lambiasi

30/10/2022