Anche noi chiamati a generare Cristo L’imitazione della santa Madre di Dio

Omelia tenuta dal Vescovo nella Basilica cattedrale il 1 gennaio 2009

Era la sera del 22 giugno dell’anno 431 d. C. Quel giorno, ad Efeso, si era aperto il terzo concilio ecumenico e i circa duecento vescovi avevano proclamato solennemente come verità da credere per sempre, da tutta la Chiesa, il dogma della divina maternità di Maria:

“Se qualcuno – si legge nel testo approvato dai padri conciliari – non confessa che Dio è veramente l’Emmanuele e che perciò la santa Vergine, avendo generato secondo la carne il Verbo di Dio fatto carne, è la Madre di Dio, sia anatema”.

Fu un momento di incontenibile giubilo per tutto il popolo di Efeso, che aspettò i vescovi fuori dell’aula conciliare e li accompagnò, con una festosa fiaccolata, alle loro residenze.


1. Da quel giorno è fiorita per tutta la Chiesa una venerazione della santa Madre di Dio così vasta e vivace, sia in Oriente che in Occidente, che non si sarebbe mai più inaridita. Ma se vogliamo scoprire il seme più antico e più minuto di tale rigogliosa fioritura, altrimenti inspiegabile, dobbiamo ritornare al brano della II lettura, dove Paolo descrive Gesù semplicemente e inequivocabilmente come “nato da donna”.

La scoperta è davvero sorprendente: in tutte le pagine e pagine dell’esuberante epistolario paolino, questo fugacissimo inciso è il più antico documento scritto in cui si parla della madre di Gesù. Come si vede, qui Maria non viene neppure nominata, ma quelle tre parole di Paolo – “nato da donna” – bastano per fissare nell’anagrafe civile di Gesù il tratto più distintivo per la carta d’identità della donna da cui è nato: appunto, quello di “madre”.

I Padri di Efeso non hanno “inventato” la verità di Maria Madre di Dio, ma l’hanno ricavata dalla sacra Rivelazione e dalla riflessione su quanto avviene in ogni maternità umana. Quei vescovi ragionarono così: Gesù è nato come vero uomo da Maria. Ma Gesù è in persona vero Figlio di Dio e vero Dio. Ora, in ogni maternità umana, la mamma dà al figlio il corpo, e non l’anima che è infusa direttamente da Dio. Eppure io non chiamo mia madre, madre del mio corpo, ma semplicemente “mia” madre, madre di tutto me stesso, perché in me corpo e anima formano un’unica natura o realtà. E se io sono vescovo, è naturale che mia madre venga chiamata la madre del vescovo. Così, analogamente, Maria deve essere detta Madre di Dio, anche se ha dato a Gesù solo l’umanità e non la divinità, perché in lui umanità e divinità formano una sola persona. Ovviamente con ciò non si intende affermare che Maria è stata principio della divinità di Gesù, cosa evidentemente assurda; ma che ha generato nella sua umanità il Figlio eterno di Dio, il quale è vero Dio e vero uomo.

Questa è una verità basilare del cristianesimo. Cito come teste a carico non un Padre della Chiesa né un insigne teologo, ma un vero cristiano e un grande politico dei nostri tempi, G. La Pira:


“Maria è veramente Madre di Dio: è questa la pietra angolare del cristianesimo, rigettata la quale crolla l’intero edificio della grazia e della salvezza. Senza Maria non c’è l’Incarnazione, non c’è Cristo, non c’è il cristianesimo, non c’è la salvezza”.


2. Questo titolo “Madre di Dio” ci interessa. Infatti, non dice una proprietà talmente esclusiva in Maria da non ammettere alcun rapporto con la nostra povera umanità, fragile e precaria. Invece il generare Cristo da parte di Maria riguarda anche noi. Ma prima vediamo come questo titolo ci parla di Gesù. Ci dice i tratti fondamentali della sua ineguagliabile identità.

Primo, che Gesù è vero uomo. Commentando l’annuncio a Maria, s. Atanasio scriveva:


“Gabriele non le disse semplicemente colui che nascerà in te, perché non si pensasse a un corpo estraneo a lei, ma da te, perché si sapesse che colui che ella dava al mondo aveva origine proprio da lei”.


L’osservazione può sembrare sottile, ma riflette una preoccupazione apologetica contro l’eresia di quei cristiani detti “gnostici”, i quali ritenevano che Gesù era nato attraverso la Vergine e non dalla Vergine: era cioè passato, come un ospite, attraverso il suo grembo, ma senza avere in lei una vera madre. Maria invece ha concepito e ha generato corporalmente Gesù. Ma non ha avuto con lui una pura relazione biologica, perché, come ogni madre continua a generare il figlio attraverso l’opera educativa, così ha fatto Maria, la quale, insieme a Giuseppe, ha veramente cresciuto ed educato Gesù. L’evangelista Luca dice infatti che Gesù “era loro sottomesso” e che “cresceva in sapienza, età e grazia”. Questo significa che la santa umanità del piccolo Gesù si è sviluppata umanamente, e ciò grazie all’influsso educativo di Maria, che gli ha insegnato a pregare, ad obbedire, ad essere umile, fedele, servizievole. Come non pensare che, se Gesù, all’ultima cena con i suoi, si è cinto un asciugamano ai fianchi e si è messo a lavare i piedi ai discepoli, è perché aveva visto compiere tante volte quel gesto da sua madre a Nazaret per gli ospiti di passaggio, e aveva imparato dal suo esempio e dal suo “stile” a farlo lui stesso? Quindi Maria è stata l’educatrice del Figlio di Dio nella sua infanzia, favorendo la sua crescita umana e spirituale, secondo le esigenze proprie della sua persona e della sua missione redentrice.

Il titolo “Madre di Dio” ci dice pure che Gesù è Dio e uomo in una stessa persona. In effetti il titolo ci parla dell’unità piena e perfetta tra la divinità e l’umanità, quale si è realizzata in Gesù. Quel titolo ci dice di come Dio si sia legato all’uomo e lo abbia unito a sé nell’unità più profonda che esista, qual è appunto l’unità della persona. In Maria che concepisce e genera Gesù, si è verificato quello che La Pira chiamava “il punto di annodamento fra l’uomo e Dio”. Il titolo mariano impedisce così le due sbandate più pericolose della cristologia: una è l’ideologizzazione di Gesù, che fa di lui un’idea o un personaggio più che una vera persona. L’altra è la sua mitologizzazione che, sdoppiando in lui l’umanità e la divinità, ne farebbe un “miscuglio” eterogeneo, un tipo mostruoso e impossibile, un essere mitico, mezzo Dio e mezzo uomo, come gli eroi dell’antica mitologia greca, i quali venivano considerati un po’ superuomini un po’ semidei, con un piede nell’Olimpo e uno sulla terra. Ma derive così sballate metterebbero in serio pericolo la nostra salvezza. Gesù infatti ci può salvare solo se “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità” (Col 2,9) e se, nello stesso tempo, “è stato egli stesso messo alla prova in ogni cosa come noi” (Eb 4,15). Insomma è nostro Redentore solo se è veramente e perfettamente Dio, veramente e integralmente uomo.


3. Ma in che senso la maternità di Maria ci parla della nostra vita di credenti? Come possiamo noi imitarla in questa sua prerogativa unica ed eccezionale? Come possiamo noi diventare veramente, e non metaforicamente, madri di Cristo? A questo punto dobbiamo ricordare che, come insegnano i santi Padri, Maria ha concepito Cristo “prima nella fede che nel grembo”. Scrive s. Ambrogio, nel commento al Magnificat:


“Se una è la Madre di Cristo secondo la carne, secondo la fede tutte le anime generano Cristo”


Ecco come possiamo imitare Maria: nella fede, perché “ogni anima che crede, concepisce e genera il Verbo di Dio” (ivi). E s. Bonaventura precisa:


“Noi concepiamo Cristo quando lo amiamo in sincerità di cuore, e lo diamo alla luce quando compiamo opere sante che lo manifestano al mondo”.


L’immagine del concepimento e del parto ci porta a dire che se nella tua vita tu professi la fede in Cristo, ma poi non la traduci in opere coerenti e concrete, allora è come se in te Cristo fosse concepito, ma non partorito: si verificherebbe un vero, drammatico e traumatico aborto spirituale. Se noi celebriamo il Natale, ma poi non ci impegniamo nel portare avanti un sincero proposito di vita nuova, noi “interrompiamo” la vita di Gesù in noi, gli impediamo di nascere. A che ci servirebbe allora celebrare il Natale di Cristo a Betlemme, se poi non lo facciamo nascere ogni giorno nella nostra vita?

Per concludere, lasciamo la parola a s. Agostino:

“La Madre portò il Figlio di Dio nel grembo, noi portiamolo nel cuore. La Vergine divenne gravida per l’incarnazione di Cristo, divenga gravido il nostro cuore per la fede in Cristo. Ella partorì il Salvatore, partorisca la nostra anima la salvezza e la lode. Non siano sterili le nostre anime, ma siano feconde per Dio” (PL 38, 1006).