Mandati ad evangelizzare

Il diacono ministro della Parola

Omelia tenuta dal Vescovo nel corso dell’ordinazione diaconale di Luigi Brusi, Daniele Pagliarani, Raul Papini, Mauro Vanni.

Quel giorno a Nazaret era iniziato come un sabato qualunque. Forse la notizia che Ieshù il falegname era tornato in paese, aveva percorso rapidamente il giro delle case, passando di bocca in bocca e facendo impennare la colonnina del termometro di una curiosità golosa, di un’attesa convulsa. Magari con qualche sorrisino amarognolo: come mai Ieshù era arrivato a quell’età e non aveva ancora messo su famiglia? e perché se ne era andato via dal villaggio, piantando in asso la sua povera madre e chiudendo baracca e bottega? Ed erano poi vere quelle inquietanti notizie che da qualche tempo imperversavano sul suo conto: e cioè che guariva malati, scacciava demoni, faceva cose strane – come il frequentare le cattive compagnie di pubblicani e peccatori – e diceva cose ancora più strane, come il chiamare suo padre Dio – benedetto egli sia! – anziché il povero Iosef?

1. Gesù, primo evangelizzatore

C’era perciò da aspettarsi che, com’era solito fare fin dalla sua prima giovinezza, Ieshù sarebbe certamente andato nella sinagoga per la celebrazione liturgica nel santo giorno del Signore. E così avvenne, ma fin dall’inizio della preghiera, si notarono dei quasi impercettibili, ma inequivocabili segnali di novità, rispetto allo svolgimento abituale del rito. Di norma era il presidente dell’assemblea che invitava qualcuno a proclamare la santa legge di Dio. Quel giorno però Gesù lo fece di sua iniziativa: “si alzò”, annota l’evangelista, e fu proprio lui a cercare il brano preciso da proclamare all’assemblea. Si trattava di un passo in cui il lettore Gesù si rispecchiava a pennello e gli serviva a puntino per spiegare ai compaesani il cambiamento avvenuto in lui. “Lo Spirito del Signore è sopra di me (…) e mi ha mandato ad evangelizzare i poveri”. Ecco cos’era avvenuto nel frattempo: Gesù aveva ricevuto il battesimo al Giordano, ed era stato consacrato dallo Spirito Santo come Messia promesso e atteso.

In quel brano profetico di Isaia la salvezza veniva abbondantemente pennellata con i più smaglianti colori di una straripante felicità. Ma furono le brevissime parole aggiunte da Gesù a strabiliare l’intero uditorio: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. Ebbene, quel sabato nella sinagoga di un oscuro villaggio della Galilea, un umile figlio del popolo ebbe l’audacia di annunciare contro tutte le apparenze che il fantastico sogno del profeta cominciava a diventare realtà. Era né più né meno che dire ai presenti: l’attesa è ormai finita; la profezia si è realizzata in pieno; la promessa si è finalmente compiuta. E questo compimento avveniva in tempo reale, sotto i loro occhi, nella persona e nell’opera di quel compaesano, il quale si era permesso di accreditarsi addirittura come “il portatore di salvezza, semplicemente” (Schuermann).

 

2. Un profilo dell’evangelizzatore

         Ma chi è l’evangelizzatore? Nella seconda lettura abbiamo ascoltato che Dio ha posto nella Chiesa alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come maestri (1Cor 12,28). Un’analoga lista dei vari ministeri si trova nella lettera agli Efesini (4,11), dove accanto quelli già elencati, viene esplicitamente citato il ministero degli “evangelisti”.

Si tratta dei doni costruttivi della comunità cristiana: nella Chiesa c’è posto per tutti, ma tutti devono stare al loro posto! L’apostolo è colui che pone il fondamento iniziale di una comunità e la sorregge; il profeta interpreta i disegni di Dio per il momento attuale della comunità; il pastore custodisce e porta avanti il gregge dei fedeli. E l’evangelista? è colui che proclama il kerygma, la buona notizia del vangelo, e quindi aggrega alla comunità nuovi fedeli che hanno creduto alla parola di salvezza.

Ma se vogliamo saperne di più, proviamo a vedere un evangelizzatore all’opera. Scegliamo la figura di Filippo, uno dei sette (diaconi?), l’unico che viene espressamente indicato nel libro degli Atti degli Apostoli come “l’evangelista” (At 21,8). Di lui san Luca dice che “Filippo (…) percorreva tutte le città evangelizzando” (At 8,40). E se vogliamo conoscere qual era il contenuto della sua evangelizzazione, Luca ci informa che alla gente di Samaria Filippo “annunciava  il Cristo” (At 8,5), mentre all’eunuco di Candace “annunciò Gesù” (At 8,35), lett. “gli evangelizzò Gesù”, cioè gli annunciò la buona novella su Gesù. Pertanto l’oggetto primario ed essenziale dell’evangelizzazione non è una summa teologica, né una lista di precetti, né un cerimoniale di riti, ma una persona: Gesù il Messia e Figlio di Dio, l’unico Salvatore di tutti.

Cinquant’anni fa il Concilio ci ha ricordato che la missione principale e fondamentale del Popolo di Dio è l’evangelizzazione (AG 7). Ma qual è la condizione previa perché un cristiano possa esercitare la missione di evangelizzatore? Prima di pensare a cosa dobbiamo fare, a cosa dobbiamo dire, occorre essere con Cristo partecipi della sua missione evangelizzatrice. Non possiamo evangelizzare gli altri se prima non ci siamo lasciati evangelizzare noi stessi. Non possiamo aiutare, liberare, pacificare gli altri con il vangelo di Cristo, se prima non siamo stati noi liberati, pacificati, salvati dalla presenza di Gesù, dal nostro rimanere in lui, radicati nel suo amore (cfr Gv 15,9b).

3. Il diacono è prima di tutto un evangelizzatore

         Oggi è l’ora della nuova evangelizzazione. Tanti che si dicono cristiani vivono come se non fossero mai stati battezzati. E quanti dei nostri cresimati sono rimasti con una fede bloccata sui dodici-tredici anni?! La fede è un processo vitale; cresce passo passo con gli anni della vita. E se non viene coltivata con una formazione permanente, inevitabilmente soffoca nelle sabbie mobili dei dubbi e dell’indifferenza, o fatalmente affonda in una pratica appassita e smorta. Occorre riaccendere il fuoco del vangelo. Occorre porre mano alla nuova evangelizzazione, che “consiste nel riproporre al cuore e alla mente, non poche volte distratti e confusi, degli uomini e delle donne del nostro tempo, anzitutto a noi stessi, la bellezza e la novità perenne dell’incontro con Cristo”, come ha affermato il recente sinodo sulla nuova evangelizzazione (Messaggio finale, Sinodo 2012). Per questa conversione missionaria la pastorale tradizionale non basta più. Occorre riscoprire la brace sotto la cenere, e perciò urge ravvivare il fuoco della vera tradizione. Questa – secondo san Tommaso Moro – “non sta nel mantenere la cenere, ma nel trasmettere la fiamma”. E’ in questa direzione che si dovranno opportunamente collocare i “cenacoli del vangelo”, che stiamo preparando.

Nella nuova evangelizzazione un servizio fondamentale spetta ai diaconi permanenti. Come il vescovo e i presbiteri, i diaconi hanno nell’evangelizzazione il loro dovere primario e ineludibile.

Se è vero che la liturgia non solo edifica partecipanti e ministri, ma anche li identifica nel loro ministero, occorre ricordare che il compito, riservato ai diaconi, di proclamare il vangelo nella santa eucaristia prosegue e si estende nell’annuncio di Cristo a tutti gli ambiti in cui essi vivono e operano. Prima di tutto nella comunità cristiana. E quindi nella catechesi, nell’animazione delle varie attività pastorali; nell’apostolato rivolto ai ragazzi, ai giovani, alle famiglie; nella dedizione alle opere di carità, dei malati in particolare. Tutto il loro ministero deve essere finalizzato alla inderogabile missione di portare il fuoco del primo annuncio della fede. Inoltre la specifica condizione dei diaconi permanenti, i quali, pur appartenendo all’ordine sacro, conducono un’esistenza del tutto simile a quella dei laici, li deputa ad essere evangelizzatori di Cristo nei vari ambienti di lavoro e di socializzazione che possono e devono frequentare.

Carissimi Raul, Daniele, Luigi, Mauro, tra poco vi consegnerò il libro dei santi vangeli e dirò a ciascuno di voi: “Ricevi il vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunciatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.

Che il Signore, fratelli amatissimi, sia nel vostro cuore e sulle vostre labbra perché possiate degnamente annunciare il suo Vangelo.

Che Maria, stella della nuova evangelizzazione, vi guardi, vi guidi, vi accompagni.

Rimini, Basilica Cattedrale, 27 gennaio 2013

+ Francesco Lambiasi