L’umiltà è ancora una virtù

Omelia tenuta dal Vescovo al Convegno degli animatori di Rinnovamento nello Spirito.

Umiltà, virtù… umiliata. Paradossale, ma vero! E’ da tempo che la parola stessa – umiltà – è stata silenziata dal nostro linguaggio, e il suo messaggio è stato esiliato dalla nostra cultura. Chi oserebbe dire oggi, come Gesù: “Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”? E non piuttosto: “Chi si umilia sarà umiliato, e chi si esalta sarà esaltato”? Per accogliere – per credere e comprendere – il vangelo dell’umiltà secondo Gesù, bisogna mettersi alla sua scuola. Ci occorre interrogarlo e ascoltarlo. E Gesù rinvia al suo stile inconfondibile e insegna con dolce energia: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29).

1.  Il pensiero di Gesù sull’umiltà viene registrato dall’evangelista Luca nel contesto di un banchetto sabbatico: la cornice conviviale non è irrilevante rispetto al messaggio, ma ci aiuta a coglierlo nella giusta prospettiva. Gesù – ecco il punto – non è un rabbi come gli altri, scontato e prevedibile. E’ un maestro originale fino al paradosso

La prima cosa che impariamo da Gesù è un messaggio che ci stupisce e ci spiazza: per lui l’umiltà non è un sentimento, e neanche prima di tutto una virtù. E’ un evento. Certo, Gesù si è considerato umile, si è anche dichiarato tale, ma prima di tutto e soprattutto si è fatto umile. Scrive s. Paolo ai Filippesi, “Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-8). Ecco la scelta di Gesù: si è svuotato della gloria divina, si è abbassato fino a lavare i piedi dei Dodici. E’ disceso dal cielo fino a calarsi nella nostra terra, con l’incarnazione. Anzi fino a sprofondare sotto terra, nell’abisso della morte, con la sua ‘discesa agli inferi’.

In questo modo Gesù ci aiuta a capire come è fatto Dio. Dio, noi diciamo, è fatto di onnipotenza, di onniscienza; è fatto di immenso, di infinito, di eterno. E’ fatto di gloria. Ma trova la sua gloria non ricevendo onori, riscuotendo tributi, strappando applausi. Non innalzandosi al di sopra di sé, dal momento che non ha nessuno al di là e al di sopra di se stesso, bensì donando la sua gloria a noi, poiché “la gloria di Dio è la nostra vita” (s. Ireneo). Ogni volta che Dio esce da sé, vive una ‘ek-stasi‘ (=uscire fuori), non ingrandendosi, bensì umiliandosi. Davvero il volto di Dio è un volto… capovolto! Così, la creazione è un atto di umiltà: Dio ha creato il mondo e l’umanità non per aumentare la sua felicità, ma per accendere la nostra: “Dio ci dà tutto in abbondanza, perché possiamo goderne” (1Tm 6,17). L’umiltà è gratuità. Anche l’ispirazione della sacra Scrittura manifesta l’umiltà di Dio. Per rivelarsi a noi, Dio si adatta al nostro linguaggio: “per la ricchezza del suo amore parla a noi come ad amici” (DV 13). L’umiltà è condiscendenza. Altrettanto si può dire dell’incarnazione: il Figlio di Dio “si è unito in certo modo a ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo” (GS 22). L’umiltà è immedesimazione. E la passione e morte del Signore non dice il massimo abbassamento di Dio? Nell’inno cristologico della Lettera ai Filippesi, san Paolo canta del ‘suo’ Gesù: “Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte”. L’umiltà è con-passione. E nelle ore più alte della sua storia la Chiesa invoca la ‘discesa’ dello Spirito Santo, perché la Pentecoste continui a rinnovare la faccia della terra. E poiché lo Spirito del Risorto è la carità in Dio e tra di noi, l’umiltà è carità.

2.  Ora passiamo dall’evento-Gesù al comportamento nostro, di noi suoi discepoli. Possiamo leggere l’umiltà evangelica in relazione a Dio, agli altri, a noi stessi.

In relazione a Dio. Umiltà è lasciarsi amare dal Padre nostro che è nei cieli. E’ consegnarsi tra le sue braccia con tenera fiducia e pieno abbandono, con quieta, dolce serenità, “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 131). Capiamo allora cosa vuol dire Gesù quando ci chiede di essere perfetti come è perfetto il Padre nostro (cfr Mt 5,48), che s. Luca rende così: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). E noi possiamo ‘tradurre’: “Siate umili come è umile il Padre vostro”.

In relazione a noi stessi. Possono bastare due passi di s. Paolo: “Non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non fatevi una idea troppo alta di voi stessi” (Rm 12,16). “Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso” (Fil 2,3).

In relazione agli altri. Viviamo in una società malata di arrivismo e di antagonismo. Il clima che si respira, risulta inquinato dalle tossine di una esasperata conflittualità per poter apparire, emergere e predominare. E’ la cultura dell’immagine che sogna passerelle e medaglie, agogna il podio del vincitore, insegue l’audience, ambisce il successo, brama l’applauso. Sono atteggiamenti da tutti deprecati quando si specchiano negli altri, ma, purtroppo, vengono da molti seguiti e praticati. Per questa sindrome del “primo posto”, è stato coniato un termine nuovo: rampantismo. Pensiamo invece a cosa sarebbe una società in cui dominasse la logica evangelica. Ognuno sarebbe spinto a trafficare il proprio talento di intelligenza, di creatività, ma – e qui sta la differenza – lo farebbe non per il proprio interesse o il proprio utile, insomma per la propria gloria. Lo farebbe a servizio dei fratelli. I forti metterebbero la loro forza a servizio dei deboli, e non ci sarebbero tanti poveri scartarti, tanti relitti umani che fanno naufragio.

Per concludere, vorrei riferirmi al tema della vostra Convocazione: “un cuore solo e un’anima sola”. E’ il miracolo della carità, ma questo miracolo è possibile solo se nel nostro cuore c’è l’umiltà. Poiché, se l’ orgoglio ci rende accaniti nel voler diventare bravi, l’umiltà invece ci rende belli: miti, amabili e, perché no? simpatici. La superbia ci fa armare; l’umiltà ci disarma e ci fa amare.

Rimini, PalaCongressi, 29 ottobre 2016

+ Francesco Lambiasi