I tre doni del Dio-Dono

Verità Libertà Fraternità

Omelia del Vescovo per la solennità di Pentecoste

Dono di Dio Altissimo. In questo titolo, preferito dalla liturgia per lo Spirito Santo, risplende, limpido e candido, quel minuscolo vocabolo “Dono” che risulta di sole due sillabe, lievi e brevi come un soffio, profumate di gratuità, squillanti di gioia. Ma quali sono i doni che ci comunica lo Spirito-Dono del Dio altissimo? Sono tre.

1. Il dono della verità. Oggi l’unica verità che impera e dilaga è presto detta: in verità non esiste una sola… verità! C’è nell’aria un’allergia viscerale per la Verità con la V maiuscola. Non si dà alcuna verità al di sopra di tutti, uguale per tutti. Ratzinger la qualificava come “dittatura del relativismo”. Nell’odierno teatro laico scorrono solo le figure di dubbi, teorie, interpretazioni. Ma così non si finisce forse per rimanere prigionieri nella stanza degli specchi, ‘errando’ da una interpretazione all’altra, senza mai trovare una via di uscita verso la verità?

All’ineliminabile bisogno di verità lo Spirito Santo risponde con la luce della sua verità. L’evangelista Giovanni lo chiama lo Spirito della verità e riporta l’affermazione chiara e rassicurante di Gesù: “Egli vi guiderà alla verità tutta intera”. Nel vangelo di Giovanni la verità “tutta intera” è la rivelazione di Gesù come il Signore. Non un Gesù-personaggio, magari oggetto di studi e ricerche, ma il Gesù-persona, un soggetto che vive nello Spirito. In effetti, fuori dello Spirito non si può che raggiungere un Cristo ‘morto’. Passato. Remoto.

Permettetemi ora una mia piccola testimonianza. Da giovane prete mi aveva molto intrigato la ricerca storico-critica sul cosiddetto “Gesù della storia”, al punto che vi avevo dedicato la mia tesi di laurea alla Gregoriana. E poi da insegnante avevo riversato su varie generazioni di studenti quanto, sulla storia di Gesù, avevo appreso e compreso. Col passare degli anni, però, mi andavo rendendo sempre più conto che il Cristo da me presentato era un Gesù ‘fossile’, non il Gesù vivo, attuale, contemporaneo, che invece vedevo brillare nello sguardo incantato di tanti fratelli e sorelle, credenti semplici e veraci. Ma un giorno mi caddero gli occhi sull’esclamazione di san Paolo: “… perché io possa conoscere Lui” (Fil 3,10). Quel semplice pronome personale ‘Lui’ mi parlava immensamente più di tutte le mie idee su Gesù. Mi comunicava Gesù stesso, in persona, come il Signore della mia storia, quello per cui io avevo deciso di giocarmi la vita. Tra questo Gesù risorto e vivo nello Spirito, e quello di libri, saggi e trattati, corre la stessa differenza che, per un innamorato, corre tra la morosa e l’album delle sue foto.

Ecco la verità dello Spirito. Non è solo la verità su Gesù. Ma la verità che è Gesù. La verità che Gesù è il Signore della mia vita e della storia intera. Una verità per nulla prepotente e intollerante, poiché lo Spirito è aperto a tutti i semi di verità, da lui stesso sparsi in tutto il mondo.

2. Il dono della libertà. L’albero della verità, come quello biblico del bene e del male, l’abbiamo piantato noi, sostiene qualche pensatore laico post-moderno. Se siamo noi a decidere il vero e il falso, siamo anche noi a decidere il bene e il male. Ma se si svincola la libertà dalla verità, si pongono in crisi non soltanto i valori morali, ma la stessa libertà. Si arriva fatalmente a sostenere che, in certi contesti culturali, le teorie che giustificano il genocidio, la schiavitù, la tortura, hanno lo stesso valore di verità di quelle opposte che, in altri contesti, condannano queste pratiche. “Solo sulla verità di Dio e dell’uomo è possibile costruire una società rinnovata e vincere le diverse forme di totalitarismo per aprire la via all’autentica libertà della persona. Il totalitarismo nasce dalla negazione della verità” (Spl. Ver. n 99). Anche la globalizzazione si sta sempre più risolvendo in un asfissiante totalitarismo. E spira sempre più forte il vento, oltre che di Covid-19, anche di altre ‘pandemie’, come la guerra, la fame, la povertà. Dal 1° gennaio al 30 aprile 2020 sono morti nel mondo: 237.469 per coronavirus; 327.267 per malaria; 357.785 per suicidio; 450.388 per incidenti stradali; 2.740.193 per cancro; 3.731.427 per fame; 4.331.251 per malattie infettive. Solo in Siria 11milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e oltre 5 milioni sono emigrati.

Ma il grande liberatore, lo Spirito Santo, non è rimasto a guardare. Insegna san Paolo:dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2Cor 3,17). Lo Spirito ci libera dall’egoismo, perché ci fa incontrare colui che è vissuto da uomo totalmente libero ed è risorto per liberare la nostra libertà. I discepoli di Gesù sono liberi perché hanno come unica legge il comandamento dell’amore. Sono liberi perché amano quello che fanno e fanno quello che amano. Lo Spirito di Gesù ti fa amare gli altri, al punto che dopo averli incontrati, loro restano più liberi, e tu meno schiavo di prima. Nel battesimo sei stato reso libero, e lo Spirito ti aiuta a donarti ai fratelli senza pretendere di possederli. Sei libero quando ami la libertà del tuo prossimo più della tua. “Chi regala la propria libertà è più libero di chi è costretto a tenersela” (Don L. Milani). Sei libero perché quando lasci lo Spirito libero di sprigionarsi in te, allora solo l’amore è capace di incatenarti.

3. Il dono della fraternità. C’è un virus ancora più micidiale del Covid-19. Ed è l’individualismo. Che si potrebbe chiamare anche IO-latria, il morboso e compulsivo culto dell’Io. E’ una sorta di virus a più teste. Non si può vivere tutta la vita oscillando in continuazione tra i tre dogmi dell’individualismo: “a me mi pare” (l’opinione al posto della verità), “a me mi piace” (il piacere al posto della felicità), “a me mi va” (la voglia al posto della libertà).

L’antivirus più efficace dello Spirito Santo per neutralizzare il virus dell’individualismo è l’amore, che crea la fraternità. Afferma san Paolo: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5). Lo Spirito Santo ci fa sentire amati: “Dio ci ha amati per primo” (1Gv 4,9-10). Tutte le religioni comandano che l’uomo deve sacrificarsi per Dio; solo il cristianesimo insegna invece che è Dio a sacrificarsi per l’uomo. Il movimento è capovolto. Ma non basta: Dio ci ha amati quando gli eravamo ancora ostili (cf. Rm 5,8). La fede nell’amore che Dio ha per noi e che ha dimostrato con la prova inconfutabile della croce, fonda l’amore per ogni prossimo. E’ quanto afferma Gesù dopo la lavanda dei piedi: “Se io ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. (…) Come io ho amato voi, anche voi, dovete amarvi gli uni gli altri”. Spunta così il fiore della fraternità e matura il frutto della comunione: nello Spirito Santo.

In tempi di pandemia da Covid-19 si fa un gran parlare di ‘ripartenza’ verso un futuro diverso nel cammino dell’umanità. Personalmente ritengo che una pura e semplice ripartenza non basti affatto. Anzi ci danneggerebbe molto e rischierebbe di farci tornare ai paurosi sbandamenti e alle catastrofiche calamità di prima. Ci occorre piuttosto una vera e propria rinascita. Abbiamo bisogno dei doni dello Spirito per essere trasformati nell’umanità nuova.

Per camminare nella luce della verità. Nel vento della libertà. Nel fuoco dell’amore e della fraternità.

Rimini, Basilica Cattedrale, 31 maggio 2020

+ Francesco Lambiasi