Una full-immersion in Gesù

Omelia del Vescovo per la professione solenne di Sr. Laura Pagliani

Quando si dice: “una pura coincidenza”. No, la coincidenza della professione solenne di Sr. Laura con la festa del Battesimo del Signore non è puramente casuale. Tutt’altro. Non solo perché è stata scelta di proposito, ma perché tale scelta risulta oggettivamente felice. Lo vorrei mostrare, disegnando alcuni sentieri di riflessione, a partire dall’evento del Giordano, così come raccontato nel vangelo secondo Matteo, appena proclamato (3,13-17).

1. La prima impressione che provo di fronte alla sequenza evangelica è quella di uno stridente contrasto tra l’importanza che la primitiva comunità cristiana ha attribuito all’evento e l’effettivo svolgimento dell’evento stesso. Per la Chiesa delle origini il battesimo al Giordano è stato il vero e proprio incipit della vicenda pubblica di Gesù. Non semplicemente l’inizio cronologico – una startup, il primo passo di un lungo cammino – ma il principio genetico da cui tutto deriva e in cui tutto lo sviluppo successivo è precontenuto, come è del seme per un fiore. Basti vedere come nella predicazione primitiva il kerygma parta non dall’infanzia di Gesù, ma dal suo battesimo al Giordano. Così fa Pietro quando incontra il primo pagano che si converte alla fede cristiana, il centurione Cornelio (cf 2.a lettura). Come fa pure il vangelo più antico, quello secondo Marco (1, 9-11).

Il racconto dell’evento secondo Matteo non risulta affatto esaltante. Non viene dipinto come l’ingresso in scena di un divo dello spettacolo, con tanto di sottofondo trionfale e di effetti speciali. Con tono dimesso ci si dice che Gesù viene dalla Galilea, una regione borderline, brulicante di pagani e di rivoluzionari zeloti. Ma non viene per tenere un discorso programmatico e convertire folle oceaniche, ma per farsi battezzare da Giovanni. Il Nazareno fa la fila con i peccatori: non reclama nessun diritto di precedenza, non ruba la scena a nessuno. Matteo ci informa ancora della contrarietà di Giovanni a immergere Gesù nel Giordano, ma allude sotto traccia anche al suo sconcerto di fronte al progetto alternativo di un Messia così poco… messianico. Il quale non si presenta come il giudice venuto a fare piazza pulita nell’aia del Signore, ma come il suo servo che si mette dalla parte dei peccatori. Perché così si compie ogni giustizia, cioè così piace a Dio. E in effetti, la visione della colomba e la voce dal cielo stanno a dire che Dio Padre si compiace della scelta del Figlio e lo consacra Messia facendo discendere su di lui il suo stesso Spirito.

Ecco il “vangelo” che scaturisce dall’evento: la scelta di vivere da Messia povero e umile è la opzione fondamentale che Gesù porterà avanti per tutta la vita. Gesù è il Figlio che mostra l’amore del Padre per i suoi figli, mischiandosi tra i peccatori, immergendosi nella loro realtà, facendosi solidale con loro in un amore più forte della morte. Si sottomette al battesimo nell’acqua che purifica, per dare a noi un battesimo di fuoco e di Spirito Santo. Allora si squarcia lo sconfinato velo del cielo e, mentre ci viene regalato un ‘Messia-così’, ci è dato di avvertire il battito del cuore di Dio. “E nell’infinito pulsare della vita divina, ci siamo anche noi, figli nel Figlio per sempre” (A. Anzani). Siamo così passati dal battesimo di Gesù al nostro battesimo.

2. Ora compiamo un altro passaggio: dal nostro battesimo alla professione di Sr. Laura. Da sempre la consacrazione delle vergini è stata vista come una sorta di secondo battesimo. E’ chiaro che il primo sacramento non può essere surrogato. La professione religiosa non è una ripetizione del battesimo, ma una sua piena maturazione. Ma ci rendiamo conto che la parola battesimo non è un vocabolo, ma un vocabolario? In effetti vi si riscontrano in trasparenza parole che permettono di centrare il cuore della vita cristiana, in qualsiasi stato o forma venga vissuta. Anche della vita consacrata, come quella di Sr. Laura.

La prima parola è fede, ed è la traduzione delle primissime parole rivolte ‘in diretta’ al Battista da Gesù, il quale finora, nel vangelo di Matteo, non aveva ancora mai parlato: “Lascia fare, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Questo è credere: è lasciar fare a Dio, è lasciarsi fare da Dio. E’ fidarsi e affidarsi a lui, è consegnarsi a lui totalmente e liberamente. Ecco il segreto della tua vocazione, cara Sr Laura: hai lasciato a Gesù il volante della tua auto, perché sia lui a guidare, lui a condurre, senza illuderti che si sostituisca alla tua libertà, ma nella certezza che lui, la tua libertà, la tiene nelle sue mani, la mantiene in vita, la sostiene in quota. Queste prime parole di Gesù ti ricordano di non confidare troppo nella potenza dei nostri mezzi e neppure nella nostra generosità spesso scomposta, ma ti incoraggiano a vivere di fede, a consegnarti alla provvidente sapienza di Dio. Come dicono le parole di un canto che circolava nei nostri gruppi giovanili: “Lascia fare a Dio, / vedrai che Lui saprà aiutarti. / Lascia fare a Dio, / vedrai che Lui saprà capirti. / Vedrai che Lui saprà offrirti / tutto il suo amore e la felicità”. Non è da questo atteggiamento di abbandono senza riserve e senza ricatti all’amore sapiente di Dio che discende la scelta della povertà, che, secondo Francesco d’Assisi, è vivere “senza niente di proprio”? Se non fosse così, l’essere cristiani si ridurrebbe inesorabilmente a “fare qualcosa per gli altri”, a comportarsi secondo un certo codice, a partecipare a determinati riti. Ma allora a chi lo andiamo a dire che l’essere discepoli è semplicemente uno “stare con Gesù”, un rimanere in lui, un lasciar fare a lui?

Un’altra parola da selezionare dal vocabolario del battesimo è fraternità. Nel fare la fila davanti al Battista, nell’immergersi insieme ai peccatori, Gesù viene dichiarato dal Padre come Figlio suo e ci si rivela come nostro fratello. Nasce così la fraternità cristiana. Non ci si consacra al Signore per “salvarsi l’anima”, ma per vivere da fratelli. Sr. Laura, permettimi di raccomandarti: vivi con la tua comunità una forte tensione verso l’unità di un cuore solo e un’anima sola, altrimenti il mondo non crederà che Gesù è risorto. E non chiamarti mai fuori dalla fila dei peccatori, anzi “non smettere mai di lottare nelle tue preghiere per loro” (cf Col 4,12).

La terza parola è amore. Ogni mattina, anche nei giorni più grigi e più bui, ascolta la voce del Padre che ti ripete le parole sussurrate al Figlio, al Giordano, le stesse già rivolte a te il giorno del battesimo: “Figlia mia, tu sei l’amata, la preferita, come fossi l’unica al mondo. Io ti ho amata, ti amo e ti amerò con lo stesso amore con cui amo, ho amato e amerò mio Figlio. Tu sei la mia gioia”. E tu, Sorella carissima, non stancarti mai di gridare a Dio la tua felicità: “Padre mio, sii tu benedetto che mi hai creata! Signore mio, mio unico Amore, accogli i miei doni in questo misterioso incontro tra la mia povertà e la tua grandezza. Io ti offro tutto di me, proprio tutto, anche il ‘vaso di alabastro’ del mio corpo. E tu donami in cambio te stesso”.

Cara Suor Laura, non hai trovato altro modo di vivere che non sia quello di immergerti in full-immersion nella vita, nella morte e risurrezione di Gesù. Noi che ti vogliamo bene, ti benediciamo e sottoscriviamo in pieno la tua offerta d’amore con il nostro Amen, Amen.

Così è! Così sia!

Rimini, Basilica Cattedrale, 8.1.2017, Battesimo del Signore –

 + Francesco Lambiasi