Trasfigurati dalla sua luce

E abilitati ad ascoltarlo, a seguirlo e servirlo

Omelia tenuta dal Vescovo in occasione del conferimento dei ministeri

“Che bello!”. La trasfigurazione di Gesù sull’alto monte è lo squarcio di un mistero abbagliante, il lampo di una sorprendente bellezza, il grido di un intrattenibile stupore. Sommersi da quella cascata di luce, colti in flagrante rapimento dal torrente in piena di una felicità irrefrenabile, Pietro e compagni non sanno balbettare altre parole per esprimere il “tanto”, il “troppo” della struggente nostalgia che ne ha afferrato il cuore tramortito: “Che bello per noi essere qui!”.

1.  Nel riverbero della trasfigurazione tre bagliori si sprigionano in controluce sul volto del Signore, “il più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3). Anzitutto Gesù vi appare bello come il Profeta mandato dal Padre, che i discepoli devono ascoltare con fiducia umile e totale disponibilità. In effetti il vertice dell’evento culmina nella voce dalla nube luminosa: Ascoltatelo! E nella vertigine dell’estasi, Pietro, secondo la redazione di Marco, si rivolge a Gesù, chiamandolo “Rabbi”, come più fedelmente rende la nuova versione CEI, a differenza di Matteo che lo fa chiamare “Signore”. Ma – ed è il secondo bagliore – Gesù è bello anche quando sale sul monte e quando ne discende; quando “prende con sé” i discepoli e li guida, come il loro Pastore umile e autorevole, un autentico leader, autorevole proprio perché umile. Il terzo riflettore si accende su Gesù appena qualche riga dopo il nostro brano evangelico, quando il Maestro rimprovera aspramente i Dodici che “lungo la strada si erano messi a discutere tra loro chi fosse il più grande”, e dice loro: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”, a immagine del Figlio dell’uomo venuto “non per farsi servire, ma per servire” (Mc 9,34s; 10,45). Tre lampi, un volto solo: Gesù, il Profeta bello, che a sua volta riflette la luminosa bellezza del volto del Padre. Gesù, il Pastore bello, che guida i Dodici verso il cuore tenerissimo del Padre. Gesù, il Servo bello, che vive dell’amore del Padre e gli risponde con il dono totale di se stesso per la salvezza dei fratelli.

Contempliamo innanzitutto l’imparagonabile bellezza di Gesù, come il Profeta e portavoce del Padre, che parla, annuncia, predica e ammaestra. Il suo linguaggio – sia verbale che gestuale – assomiglia a quello dei profeti: vivo, pittoresco, a scatti, per paragoni e paradossi. “Voi filtrate il moscerino e ingoiate il cammello” (Mt 23,24); “Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba” (Mt 6,2). “Non sono venuto a portare la pace, ma la spada” (Mt 10, 34). Ma Gesù è più che un profeta, non tanto perché i suoi paragoni sono più asciutti, lapidari e senza nessuna sbavatura retorica, originali e senza alcuna macchia di plagio, ma soprattutto perché diversa è la profondità e la novità della sua esperienza di Dio, che è sempre la radice da cui scaturisce sia ciò che dice e fa, sia di come lo dice e lo fa. Insomma Gesù parla da Figlio: parla di Dio, parla da Dio e al posto di Dio. Così il Padre lo accredita: “Questi è il Figlio mio, l’Amato: Ascoltatelo!”.

Ascoltare è il primo verbo della sequela e vale per tutti i discepoli del Signore, ma ora vorrei declinarlo con un riferimento particolare al ministero, prezioso e delicato, del lettore. Prima di proclamare la parola di Dio, anche il lettore deve ascoltare, deve lasciare che il Signore gli stampi le sue stesse parole prima nel cuore e poi sulle labbra, come ha fatto con i profeti. Nel racconto della vocazione di Ezechiele, mentre il Signore sta per mandarlo come suo “inviato speciale” al popolo in attesa di un intervento salvifico, il profeta si sente dire: “Tu parlerai loro le mie parole!” (Ez 2,7). E il povero Ezechiele deve ingoiare un rotolo fitto zeppo di messaggi del Signore, per poter assimilare i suoi oracoli e diventarne passa-parola presso il popolo (Ez 3,1ss). Da racconti come questo si evince che tutto quello che si dice nella Bibbia del ministero del profeta si può applicare perfettamente al ministero del lettore.

Ma il compito del lettore non si può restringere al solo servizio liturgico della proclamazione delle sante Scritture: si deve estendere alla “organizzazione dell’attività evangelizzatrice e catechistica”. Insomma il lettore è, per natura, un evangelizzatore. E’ chiaro, almeno in linea di principio, che l’evangelizzazione è compito di tutti i battezzati, ma “all’interno delle nostre comunità ecclesiali sempre più si manifesta la necessità di formare uomini e donne capaci di portare il Vangelo negli ambiti della vita ordinaria” (UCN, Incontriamo Gesù, n. 66).

2.  Bello quando annuncia l’esaltante notizia del Regno e quando traduce i luminosi messaggi del Padre, Gesù è anche il Pastore bello, che guida i discepoli, la Chiesa, l’umanità intera verso i pascoli del Regno. Gesù ha la stoffa del capo affascinante ed esigente: sa orientare, sospingere, promuovere, accompagnare. E’ coraggioso nell’additare la meta, forte e tenero nel sostenere le fragilità dei suoi, mite e misericordioso nel comprenderne le cadute. E’ senza ombra di dubbio un leader insuperabile. Nessun discepolo potrà mai rimpiazzarlo: è lui l’unico Maestro e Signore, e tale resterà per sempre, senza né successori né sostituti. Eppure un Maestro così deciso ma non decisionista, autorevole ma mai autoritario, è dolce e umile di cuore, come quando accosta lebbrosi e peccatori, si circonda di uomini rozzi e grezzi, rintuzza i raggiri del potere, dell’avere, del piacere, con i quali Satana tenta di sedurlo e adescarlo. Alla sua chiamata, Pietro e compagni non riescono a resistere. Più volte il Maestro ha detto: “Chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua“.

Ed è proprio seguire il verbo dell’accolito, parola che in greco significa appunto “colui che segue”. Ma anche il ministero dell’accolitato non si può confinare nella sola area liturgica: quella di “seguire e aiutare i presbiteri e i diaconi nello svolgimento del loro ufficio”. L’accolito deve soprattutto “amare il popolo di Dio che è il corpo mistico di Cristo, specialmente i deboli e gli infermi”. Deve “occuparsi della promozione di tutta la vita liturgica nella comunità”, ma l’ambito della sua azione abbraccia anche “l’esercizio della carità” (dal Rito). In sintesi l’accolito “sarà il vero promotore laico della vita e dello spirito liturgico di cui deve essere penetrata una comunità” (CEI, Ev. e minist., n. 87).

3. Il terzo fotogramma riproduce Gesù che serve. Pertanto anche il ministero straordinario della comunione eucaristica trova il suo riferimento cristologico in Gesù, il Servo bello. Bello perché si pone nel costante atteggiamento di chi non si chiude mai alle necessità e alle sofferenze dei fratelli, e si china sempre su malati ed esclusi. Bello perché la sera della sua passione si cinge un grembiule ai fianchi e si mette a lavare i piedi dei discepoli. Bello perché anche nel banchetto del Regno ci farà accomodare a mensa e passerà a servirci. La possibilità di prolungare questo servizio nel popolo di Dio con la distribuzione della santa eucaristia è un gesto di squisita bontà della Chiesa, perché non restino privi della comunione al corpo di Cristo soprattutto i malati in casa, i gruppi di anziani e infermi negli ospedali o degenti nelle case protette e simili.

Per concludere, vorrei tornare sulla parola che vi accomuna, cari lettori e accoliti, carissime sorelle e fratelli che state per ricevere il ministero straordinario della comunione eucaristica: è proprio la parola ministero o servizio. In una società che ci condanna a correre, a competere e confliggere, rischiamo di ammalarci di ansia da prestazione, per riuscire a dimostrare a tutti di essere bravi, sempre più bravi e più bravi di tutti. Gesù invece, più che bravi, ci vuole belli, ovviamente non nel senso hollywoodiano del termine. Belli di una bellezza che traspare da dentro, belli nel cuore e nello sguardo, belli in pensieri, parole, ed opere. Ma per questo non siamo costretti a farci belli da noi stessi né di fronte a Dio né di fronte agli altri; non dobbiamo truccarci né sottoporci a complicate e costose operazioni cosmetiche. Ministri veramente belli lo diventiamo, se ci lasciamo trasfigurare dal volto santo di Gesù, se ci lasciamo abitare il cuore dai suoi stessi sentimenti, se lo ascoltiamo con docile e umile fiducia, se lo seguiamo con passione e tenacia, se lo serviamo con una disponibilità senza se e senza ma. E così anche noi ci trasfiguriamo in servi belli di Gesù, nostro Maestro, Pastore e Servo.

Di qui il mio augurio più sentito: buon servizio, sorelle e fratelli, un servizio profumato di vangelo, fragrante di umanità limpida e forte, trasfigurata dall’adorabile umanità del bel Pastore!

Di qui la mia più ardente preghiera : che non vi pentiate mai di questo giorno, di ciò che oggi avete ricevuto e di ciò che avete promesso!

Di qui la mia benedizione più cordiale: che un giorno possiate sentirvi dire da Gesù: “Vieni, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore”!

-Rimini, Basilica Cattedrale, 1 marzo 2015

+ Francesco Lambiasi