Il grande regalo di Pasqua

Lo Spirito Santo: la Persona-Misericordia

Omelia del Vescovo per la Messa del giorno di Pasqua

Lo Spirito Santo non è il grande assente nella vicenda di Pasqua. Vivificato nello Spirito del Padre, Gesù risorto ne è la gioiosa irradiazione. I profeti lo avevano annunciato: “Effonderò il mio Spirito su di voi”, parola del Signore Dio. Gesù lo aveva promesso: “Se non me ne vado non verrà a voi il Paraclito, ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò” (Gv 16,7). La sera di Pasqua il Risorto mantiene la promessa. Alita sui discepoli e proclama solennemente: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22). San Giovanni commenterà incantato: il Cristo “ci ha fatto dono del suo stesso Spirito” (1Gv 4,13). Nel primo giorno della settimana, lo Spirito Santo viene inviato dal Padre al sepolcro del Figlio crocifisso, con un soffio ne ribalta la pietra e la tomba resta improvvisamente vuota. A sua volta il Figlio risorto lo introduce nel cenacolo, lo soffia sui discepoli raggelati dalla paura, ed essi risorgono: la comunità del Nazareno si ravviva e si rinnova. Il Paraclito è lo stupefacente regalo di Pasqua, l’imprevedibile sorpresa che il Padre fa al Figlio e il Figlio a noi. E’ la misericordia fatta persona.

1. Lo Spirito Santo è luce che non può essere vista in se stessa, ma solo sull’oggetto illuminato. E’ la luce della verità: ci fa vedere Gesù nella sua vera identità, non come un argomento da talk-show o come un personaggio del passato remoto, ma come una persona: viva, presente, attiva. San Paolo parla di una conoscenza di Cristo di grado “superiore” o, addirittura, “sublime”, che consiste nel conoscerlo e proclamarlo “Signore”. E’ la proclamazione che, unita alla fede nel Cristo risorto, fa di una persona credente una vita salvata. Questa conoscenza è resa possibile solo dallo Spirito Santo: “Nessuno può dire: Gesù è il Signore! se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Cor 12,3). Certo, con le labbra è pur sempre possibile formulare verbalmente questa affermazione, anche senza lo Spirito Santo, ma oggettivamente la forza di questa proclamazione sta nel fatto che essa rende realmente presente ed effettivamente operante l’evento della Pasqua nella nostra vita, ed è così che noi sperimentiamo concretamente la salvezza. “Perché se con la tua bocca proclamerai: Gesù è il Signore! e crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10,9). Ma, soggettivamente, la proclamazione che “Gesù risorto è il Signore”, implica anche una decisione personale che cambia la mia, la tua vita. Chi la pronuncia decide del senso della sua esistenza. E’ come se io dicessi: “Tu, Gesù, sei il mio unico Signore; io mi sottometto liberamente a te, ti riconosco come il mio vero salvatore, il mio insuperabile maestro. Io ti confesso come il centro del centro della mia vita, a cui cedo volentieri tutta la mia libertà e ogni diritto di proprietà sul mio cuore. Gesù, tu sei mio e io sono tuo”.

2. C’è di più. Lo Spirito Santo è un potente riflettore che, illuminando Gesù come il Signore, ci fa anche conoscere Dio come “Padre del Figlio suo Gesù Cristo”. E poiché Gesù a Pasqua è diventato nostro Fratello, a Pasqua il Padre suo ci viene rivelato e regalato anche come Padre nostro. Ascoltiamo ancora san Paolo: “Che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Gal 4,6; cfr Rm 8,15-16). Lo Spirito si comporta “come una mamma che insegna al proprio bambino a dire papà, e ripete tale nome con lui, finché lo porta all’abitudine di chiamare il babbo anche nel sonno” (Diadoco di Fotica). Lo Spirito Santo compie un capolavoro da perfetto “restauratore” dell’immagine di Dio in noi. Innanzitutto fa un’opera di “raschiatura”: ci toglie via dal cuore tutti i ritratti distorti di Dio – immaginato come un tiranno implacabile, un giudice inflessibile, un irriducibile guastafeste, un gelido sovrano, un vorace mangiafuoco… – e ci fa guardare a Dio secondo l’immagine alla più alta definizione che ci ha “proiettato” Gesù. Dio non solo rassomiglia, ma è il fortissimo Padre nostro, il nostro dolcissimo Papà.
L’uomo di oggi è orfano. Si sente sperduto in un universo illimitato. Gli è stato detto che discende dalla scimmia ed è incamminato verso il baratro del nulla. Voleva essere adulto e si ritrova senza un padre. Ma se almeno qualche giorno nella nostra vita abbiamo pianto lacrime di gioia nel sentirci non più orfani né schiavi di Dio e ci siamo leccati le labbra per il gusto di ripetere senza stancarci: “Abbà, Padre mio, Padre nostro”; se almeno una volta ci sono venuti brividi di tenerezza nel sentirci afferrare dalle calde vibrazioni del suo “grembo di misericordia”… Ecco quel giorno noi abbiamo fatto Pasqua: siamo risorti, siamo transitati dalla morte alla vita, dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia. E riscoprendoci figli, ci siamo ritrovati fratelli e sorelle tra di noi. Quando questo avviene, il nichilismo dei nostri tempi è vinto, l’angoscia al fondo di noi stessi si trasforma in fiducia, la competizione si rovescia in cordiale coesione, la rivalità si traduce in rispetto e sincera amicizia. Neanche il dolore più atroce, neanche la catastrofe più disastrosa, neanche il terrorismo più orribile e feroce ci può far piombare nella disperazione più nera o nella più amara rassegnazione. Allora sul volto di ogni nostro prossimo vediamo brillare un raggio trasfigurante che ce lo fa intercettare non come nostro spietato concorrente, ma come un povero mendicante che chiede a quel mendicante che abita in ognuno di noi dove insieme possiamo trovare da mangiare.
Fratelli, Sorelle, accogliamo il regalo di Pasqua che Gesù oggi ci rinnova. Lo Spirito Santo è il vento della libertà. Nella risurrezione del Crocifisso ci è stato svelato il segreto della libertà cristiana: una fiducia senza riserve e senza ricatti nell’amore tenero e gratuito del Padre. Lo Spirito Santo è il fuoco dell’amore. Nella Pasqua di Gesù di Nazaret ci è stata aperta la via della vita. Questa: non vivere da egoisti chiusi e ripiegati su noi stessi, ma come Gesù aperti al Padre e ai fratelli, soprattutto ai poveri e agli esclusi. Lo Spirito Santo è l’acqua della vita. Dal petto squarciato del Trafitto risorto discende un incontenibile fiume di pietà: lava sporcizie, disseta solitudini e brucianti amarezze.

3. Questo messaggio non può restare confinato nel mondo di duemila anni fa. La risurrezione è un evento in corso e riguarda da vicino il tormentato inizio di questo terzo millennio. Viviamo, più che un cambiamento d’epoca, un’epoca di cambiamento. Il sentimento che tutti ci attanaglia è la paura che genera angoscia. Accusiamo un vistoso deficit di speranza.
Tre fenomeni stanno lacerando la modernità, o post-modernità, come la si voglia chiamare: la violenza terroristica, l’immigrazione incontrollabile, la destrutturazione del matrimonio e della famiglia. Altre crisi analoghe si sono registrate in passato. Non sempre la Chiesa le ha affrontate con la luce e la forza dello Spirito. Del resto il Paraclito non ci aiuta automaticamente a cambiare il mondo, ma ci stimola a cambiare il modo di guardare al mondo e a renderci conto che più che la fine del mondo, la nostra è la fine di un mondo. La misericordia sulla quale, in questo anno giubilare, papa Francesco ci impegna tutti a meditare non è la chiave per arrivare alla soluzione dei problemi, ma è l’unico orizzonte di senso a nostra disposizione per capirli. Ma noi siamo in grado, qui e ora, di rispondere davvero alle provocazioni della misericordia?

Rimini, Basilica Cattedrale, 27 marzo 2016

+ Francesco Lambiasi