“Amate!!”

Omelia per la prima professione di Suor Alessandra Gazzarri tra le Francescane Missionarie di Cristo

Riconosciamolo. Il vangelo di oggi (Mc 10,1-12) che parla a chiare note del matrimonio, delle sue alte esigenze e impreteribili condizioni – appare con evidenza abbagliante del tutto asimmetrico rispetto alla professione religiosa di suor Alessandra, che tra poco emetterà il voto di perfetta castità. Ma se noi imbocchiamo lo svincolo che ci porta sulla ‘corsia’ parallela del vangelo sinottico di Matteo, vediamo che Gesù, nello stesso contesto parla subito dopo anche di eunuchi “che si sono resi tali per il regno dei cieli” (Mt 19,12). Per quanto ruvida e tagliente, la parola eunuchia implica un’allusione alla castità, scelta e vissuta per il regno di Dio sulla terra.

Da questa osservazione preliminare ricaviamo che matrimonio cristiano e castità evangelica non si possono affatto porre in contrapposizione. Unico grande comandamento e unica vocazione che accomuna tutti i seguaci di Cristo è l’amore a Dio e al prossimo, formato da sorelle e fratelli. “Fratelli tutti”, perfino i nemici. Gesù ha incarnato l’amore che Dio ha per tutti e ha inaugurato un modo nuovo per rispondervi. Un modello rivoluzionario per i suoi contemporanei per i quali il non sposarsi e il non avere discendenza era ritenuta una terribile sciagura, se non addirittura una tremenda disgrazia, perfino una crudele maledizione.

1. Vengo pertanto a declinare alcuni pensieri, raccolti in questa omelia, a cui ho dato come titolo una sola parola “Amate!!”, un verbo che in italiano si può leggere – perdonatemi il linguaggio pedante, ma si tratta della grammatica dell’amore! – sia come indicativo in forma passiva che come imperativo in forma attiva. Come indicativo al passivo: tu, carissima suor Alessandra, oggi entri a far parte di quelle donne cristiane che si sanno e si sentono amate. Come imperativo all’attivo: tu, sorella amata, entri nella grande famiglia di quelle sorelle cristiane che, poiché amate, si sanno e si sentono chiamate a riamare. Doppiamente amate!! Poiché anche la chiamata all’amore è già di per sé vero, puro, pieno amore.

Partiamo dal senso indicativo. Il solo fatto che tu esisti sta a dire, senza margine di dubbio, che sei stata, che sei e che sarai sempre amata. Non dubitarne mai: tu sei l’Amata. Questa parola, nella versione al maschile, si trova per la prima volta nel racconto del battesimo di Gesù al Giordano: “Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua,ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho poso il mio compiacimento” (Mt 3,16s).

Ora che tu sia l’Amata, ti è stato detto quando sei stata creata, chiamata alla vita. Quando Dio creatore, attraverso i tuoi genitori ‘pro-creatori’, ti ha tratto fuori dallo sterminato cantiere degli esseri possibili e ha voluto fare di te una creatura davvero come te. Una donna unica, singolare irripetibile proprio come te. Una Alessandra come te non c’è mai stata nella storia, non c’è tuttora e non ci sarà mai più sulla faccia della terra. Dio che chiama le stelle per nome, che non dimentica neanche un giglio del campo, neppure una rondinella del cielo, ha chiamato per nome anche te, proprio come te, e vuole che tu fiorisca e viva nella terra “che solo amore e luce ha per confine”. Il primo verbo della vita non è pensare, dire, fare, prendere. E’ il verbo ricevere, accogliere, ospitare. Nessuno di noi può dire: Io sono padre o madre del mio io.

Ti supplico, cara Alessandra, anche a nome dei tuoi cari, della tua madre generale, delle sorelle della nuova, grande famiglia di cui oggi entri a far parte. Ogni mattina, quando apri gli occhi al nuovo giorno e ti disseti al primo sorso di luce, dì a te stessa, in un accorato soliloquio: “Alessandra, non è affatto vero che tu non sei buona, non sei amabile, non sei nessuno”. Attenzione a non far scattare la grande trappola: la trappola del rifiuto di noi stessi. Altrimenti l’avere, il piacere, il potere saranno facilmente percepiti come soluzioni attraenti. No, non sono soluzioni. Sono tentazioni e miraggi appariscenti. Sono seduzioni e incubi paralizzanti.

Ma c’è di più. Infinitamente di più. Che tu sia l’Amata, lo dice il fatto stesso che sei stata battezzata. Sei stata immersa nell’amore. Tuffata nell’oceano senza fondo e senza sponde dell’infinito mistero della vita divina. Questa è l’immensa fortuna che ci è stata assicurata. Non siamo delle povere creature nude e fragili, quando non anche tristi e crudeli, ma figli amati: gratuitamente, infinitamente, tenerissimamente. Il nostro essere è un ‘esere-ricevuto”, qualcosa di scelto, benedetto, donato. Tu sei stata pensata, voluta, chiamata per nome. Questa è la nostra verità più grande e in-credibile. Siamo non solo umani, ma divini. Una notizia da capogiro: pulsa in noi la stessa vita di Dio. Al solo pensiero il cuore – liberato dalla paura di dover vivere da stranieri in una ristretta “aiuola che ci fa tanto feroci” (Dante) – dovrebbe battere all’impazzata…

2. Ecco, l’atto di fede fondamentale, il credo radicale: sei stata amata dal Dio-Amore e ti sei sentita chiamata ad entrare nella grande famiglia delle sorelle che si sanno e si sentono amate. Dunque, insieme a loro, ti sai e ti senti chiamata ad amare. Qui la parola “Amate!” da indicativo si traduce in imperativo: “Amate!”. Ma non è un vero imperativo. Ed è molto più che una pia esortazione. E’ una promessa. Una inossidabile garanzia. Una affidabile assicurazione.

Cercare l’amore di Dio come possibile e come l’unico amore necessario ed eterno; non dedicarsi a nessuno in modo esclusivo; coinvolgere tutta te stessa, il tuo povero cuore e anche il tuo corpo nell’attesa ardente e vigilante di un altro Sposo, il Cristo. Tutto questo si può. E può riempire una vita. Pertanto come l’amore degli sposi è connotato da quattro note – gratuità, fedeltà, fecondità, accoglienza – anche la castità consacrata  sarà innanzitutto un amore gratuito.

Sì, amerai gratuitamente. Perché non si sceglie la verginità per non impegnarsi in una vita di coppia o per sottrarsi alle responsabilità di una famiglia. Ma per amare più intensamente Dio e gli uomini. Per dare un segno che, anche senza una persona che risponda al tuo amore, è possibile amare, dando e trovando gioia. Che si può riempire una vita prendendosi cura di chi semplicemente ha bisogno. Di chi non si sente amato da nessuno. “Amare – scriveva don Tonino Bello – è voce del verbo morire”. E’ decentrarsi. E’ uscire fuori di sé. Non è prendere, ma dare.

   Sì, amerai fedelmente. Non si sceglie la castità verginale per non legarsi a nessuno. Per chiudersi nella propria individualità. Ma per lasciarsi afferrare dall’amore di Dio e legarsi a filo doppio con la storia degli altri, specialmente dei poveri. Quanti, magari senza saperlo, sono alla ricerca di Dio in ogni amore, hanno bisogno di incontrare sulla loro strada qualcuno che sia annuncio vivente dell’amore instancabile e incondizionato di Dio. Un segno tangibile della cura che Dio ha per ognuno dei suoi figli, perché nessuno vada perduto (cf. Gv 6,39).

    Sì, amerai con ‘grembo’ fecondo. Sarà, la tua, una fecondità diversa da quella del concepire un figlio. Ma se l’amore di chi vive da vergine non suscita vita e non se ne prende cura, non è immagine dell’amore divino. E come la sessualità coniugale non traduce l’amore divino quando a priori esclude la fecondità, così la castità consacrata senza fecondità spirituale, senza una cura amorevole della vita altrui più che della propria, sarebbe esclusione egoista dell’appello a generare vita, che il nostro stesso essere sessuati esprime.

   Sì amerai con cuore accogliente. Siine certa. La tua verginità consacrata sarà un amore accogliente, ancora più netto nell’esprimere il suo essere rivolto a tutti. Anche coloro che scelgono la vita monastica non si chiudono in una cella per pensare solo alla propria anima e alla propria salvezza individuale, ma, al contrario, per abbracciare tutto il mondo con la loro preghiera, rinunciando a ogni ringraziamento e a ogni ricompensa da parte di alcuno, per mantenersi aperti a tutti. “Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’Amore”, ci ricordava ieri la piccola, dolce, forte Thérèse di Gesù Bambino, missionaria dalla propria clausura.

Ora mi servono parole ardenti per formularti un augurio. Questo: che la tua festa, insieme alle tue Sorelle Francescane Missionarie di Cristo, non abbia mai fine!

Mi faccio aiutare da una preghiera di Madeleine Delbrel.
Signore, facci vivere la nostra vita,
non come un gioco di scacchi in cui ogni mossa è calcolata,
non come una partita in cui tutto è difficile,
non come un teorema che ci fa rompere la testa,
ma come una festa senza fine, in cui si rinnova l’incontro con te,
come un ballo, come una danza, fra le braccia della tua grazia,
nella musica universale dell’Amore.
Signore, vieni ad invitarci.

Rimini, Chiesa di san Bernardino, 2 ottobre 2021

+ Francesco Lambiasi